I 22 Trionfi, detti anche Arcani Maggiori, hanno da sempre affascinato gli artisti, alcuni dei quali si sono cimentati in una personale revisione del modello originale; si pensi ai Tarocchi del Mantegna, ai mazzi di Salvador Dalì, Enrico Baj e i Tarocchi di Dario Fo, dipinti dal figlio Jacopo.
Ne “Il castello dei destini incrociati”, Italo Calvino dona ai suoi personaggi, affetti da insanabile mutismo, la possibilità di raccontare le loro avventure per mezzo dei Tarocchi disposti sul tavolo. Kaey sembra accogliere l’invito dell’autore, raccogliendo il mazzo originario e invitandoci a ripercorrere la via dei Tarocchi attraverso un intrigante repertorio figurativo di forte valore simbolico, dando forma ad un percorso evolutivo di crescita personale, mentale e spirituale.
Ogni Arcano è una tappa del percorso, un’entità con un preciso carattere. Partendo dall’iconografia classica del mazzo originario, Kaey ci trasporta in un universo di umanoidi, macchine e colori – che richiamano senz’altro la scuola americana New Age di Ralph Steadman e le sperimentazioni di Dave McKean – in cui ciascuna figura si rapporta ad una specifica fase della crescita di un individuo, donando così agli Arcani una chiave di lettura estremamente umana. Nel ciclo ritroviamo infatti un feto, che diviene neonato e che affronta poi figure paterne e materne, per giungere infine all’incontro con la società all’esterno del nucleo familiare, acquisendo una sempre maggiore consapevolezza di sé, man a mano che si inoltra nel viaggio.
La ricerca di Kaey è attuale e moderna. Al tempo stesso, la scelta del modello degli Arcani, cristallizza la sua opera in un’epoca senza tempo, nella quale elementi del passato si mescolano a suggestioni e costruzioni futuristiche, dando vita ad un linguaggio imperituro che trova la sua massima espressione nella scelta di una tematica universale.